33 mesi, 0 ricostruzione, 2 appuntamenti


Dopo 33 mesi più spiccioli, nonostante ritardi, sae ammuffite, cas che non arrivano, delocalizzazioni che non partono, apparati legislativi contraddittori, tre governi, selfie, candidati che fanno campagna elettorale a pane e ciauscolo per poi scomparire, il nevone del gennaio 2017, le speculazioni, la ricostruzione che non parte, gli appalti non chiari, il “non vi lasceremo soli”, ebbene, nonostante tutto questo (e molto altro) la popolazione dell’Appennino è ancora viva e resistente. Non perché è costituita da eroi e neanche perché, come spesso in maniera un po’ semplicistica si dice, “siamo abituati a fare da soli”, ma semplicemente perché sono - siamo - stati presi in giro per troppo tempo e abbiamo capito che ad un certo punto la parola “Basta” non deve essere una supplica ma un urlo di protesta.


Succede così che dopo 33 mesi più spiccioli l’Appennino si mobilita. Non che non l’abbia mai fatto fino ad ora, ma diciamocelo, in queste settimane si respira “quell’aria frizzantina” che sa tanto di primavera che stenta ad arrivare, e non parliamo solo delle condizioni meteo.

Succede che a partire da Norcia e pian piano in tutto quello che chiamano cratere si stanno vedendo striscioni, anzi dei lenzuoli bianchi che chiedono “ricostruzione subito”, “Un’unica grande opera: ricostruire il centro Italia”, “ora basta”, “la ricostruzione non parte, futuro rubato”.

Succede che tra maggio e giugno l’Appennino scenderà in strada con forza per ribadire che non si arrende alle mancanze dei governi che si sono alternati fino ad ora, alle speculazioni sul suo territorio, al taglio dei servizi pubblici e a chi vorrebbe far diventare il centro Italia un non luogo su cui sperimentare nuovi sistemi di gestione delle risorse (naturalistiche, agricole, paesaggistiche, urbanistiche, agricole, etc…).

Succede che il 18 maggio e il 1 giugno ci saranno due manifestazioni che, con modalità e da percorsi diversi, mettono all’ordine del giorno la stessa urgenza: quella non di chiedere, ma di pretendere il riconoscimento dei diritti dell’Appennino ferito, per una ricostruzione rapida e una vita degna.

Pensiamo che l’autorganizzazione delle popolazioni del cratere sia centrale nella difesa del loro diritto a decidere sul futuro dei territori. Abbiamo bisogno di far convergere i nostri sforzi, di impegnarci per moltiplicare i momenti di rivendicazione e contestazione, per coinvolgere e ampliare la partecipazione.
Saremo presenti agli appuntamenti di mobilitazione del 18 maggio e del 1 giugno e invitiamo tutte e tutti, gruppi organizzati e singoli, terremotati e non, abitanti dell’Appennino come del resto del paese, a mobilitarsi anche nei proprio territori per chiedere “Un’unica grande opera: ricostruire il centro Italia terremotato”.

Succede che da 33 mesi ci ripetiamo che hanno fatto più danni i governi con la gestione del post terremoto che il terremoto stesso.
Dopo tutto questo tempo in cui noi abbiamo tremato per il terremoto, per la paura, per la frustrazione, che adesso siano loro a tremare!


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