Deltaplani e memoria a Castelluccio


Nel corso del Festival appena concluso è più volte emersa durante i dibattiti come nelle chiacchierate a margine degli eventi la questione della nuova struttura che dovrebbe sorgere a Castelluccio per accogliere i commercianti del luogo, vogliamo provare a sottolineare 3 punti che per noi sono piuttosto centrali:

- Se chi sta spingendo con tanta foga la costruzione di questa struttura avesse lavorato con la stessa premura nella sistemazione delle strade o nella rimozione delle macerie, avesse comunicato che a Castelluccio nonostante tutto e tutti ci sono 2 strutture ancora aperte (si, non ve l'aveva detto nessuno vero?) probabilmente staremmo parlando di un'altra storia.

- Possiamo comprendere gli esercenti di Castelluccio che sono d'accordo con "il deltaplano", stremati dopo 11 mesi di immobilismo totale si aggrappano alla soluzione che rimane almeno apparentemente più concreta e rapida al momento. Ma chi analizza la situazione da "esterno" (per quanto si possa usare questo termine quando si parla di un luogo patrimonio dell'umanità e non solo di chi vi abita/lavora) deve giocoforza fare lo sforzo di rifiutare questa logica perennemente emergenziale per cui qualunque soluzione va accettata perchè "oramai...". Questa operazione fa venire in mente le dinamiche proprie del colonialismo: prima si acquisisce un porto commerciale, poi una porzione un po' più grande, poi si fa una ferrovia verso l'interno - per portare civiltà alle popolazioni degli altipiani - poi si mette il filo spinato, poi ci vogliono 150 anni per toglierlo. Una volta realizzata l'opera, l'occhio si abitua e le popolazioni pure, e a quel punto sarà più facile ampliarla e realizzarne altre simili invece che rimuoverla, perché "ormai ce sta", come spesso si dice. Il punto è proprio questo, dietro quel “ormai” si cela un mondo. Se accettiamo questa logica saremo sempre ricattati e ricattabili, costretti ad accettare soluzioni al ribasso per sopravvivere. Sarà così per le casette, per la ricostruzione per le infrastrutture e tutto il resto. Dobbiamo pretendere la soluzione migliore, non una soluzione qualsiasi "solamente" perché fino ad ora non si è fatto niente.

- Chi ha vissuto Castelluccio con continuità e non solamente attraverso le foto della celebre fioritura sa benissimo che il borgo era trattato malissimo dalle istituzioni ben prima dell'arrivo del sisma. D'inverno salendo dal valico di Forca di Gualdo la strada veniva pulita sistematicamente solo a Pian Perduto fino al cartello che indicava la fine della Provincia di Macerata, la parte umbra fino al paese rimaneva quasi perennemente innevata. La fioritura... l'enorme afflusso di persone veniva gestito in maniera pessima e la piana nel fine settimana diventava (veramente) il parcheggio enorme di un centro commerciale. Con colpe gravi sia da parte dei fruitori, molti dei quali sono gli stessi che ora si ergono a difensori di Castelluccio ma fino allo scorso anno parcheggiavano in doppia fila sul pian grande, sia da parte delle istituzioni che non volevano o avevano la capacità di gestire la situazione.

Quindi per cortesia basta con l'ipocrisia della difesa postuma, evitiamo di parlare dei problemi solo sulla base del qui e ora, riprendiamo la memoria e pretendiamo prospettive che vadano oltre la punta del nostro naso.

Il deltaplano non è una soluzione, è un ricatto. E come tale va trattato.

Come avere una pista ciclabile e vivere felici


In questi giorni sta facendo molto rumore la proposta della Regione Marche di utilizzare circa un terzo (5 milioni e 450 mila euro) dei fondi ricevuti dagli sms solidali per la costruzione di una pista ciclabile in provincia di Macerata tra l’Abbadia di Fiastra e Sarnano. Sono nate immediatamente petizioni on-line per chiedere di ritirare la proposta e anche noi come rete Terre in Moto abbiamo espresso al nostra contrarietà in merito al progetto attraverso i microfoni di Radio Tre.

Ma perché siamo contrari? Siamo contro le piste ciclabili? Naturalmente no; anzi questo è uno (non il principale) dei motivi per cui non vogliamo che i soldi donati attraverso gli sms solidali vengano destinati a questa opera. Noi siamo fermamente convinti che le pista ciclabile sia uno strumento utile ad incentivare un turismo sostenibile ma crediamo che non debbano essere questi i fondi da utilizzare per finanziare un’opera del genere. Attraverso questa operazione goffa si rischia di far diventare un progetto di per se potenzialmente lungimirante come il più odiato della regione. La pista ciclabile diventerà “il male”, anche comprensibilmente considerando come verrà finanziata. Quindi il danno sarà doppio.

Non è la prima volta che in Italia viene lanciata una raccolta di fondi attraverso i cosiddetti “sms solidali”, sia per il terremoto dell’Emilia che per quello abruzzese vennero raccolti diversi milioni di euro. Nel primo caso vennero utilizzati per la ricostruzione di edifici pubblici, strutture scolastiche e socio assistenziali, nel secondo caso per attivare progetti di microcredito.

Le domande che ci poniamo sono: ma perché il progetto della pista ciclabile deve essere finanziato con quei fondi? Vanno necessariamente utilizzati i due euro donati da chi, guardando le strazianti immagini televisive di Arquata del Tronto, Visso o Ussita, ha deciso (anche simbolicamente) di contribuire di tasca propria alla ricostruzione? Considerando che l’idea ha già qualche anno, ed è meritoria, non potrebbe essere finanziata in altro modo? La Regione Marche non ritiene che, anche solo a livello simbolico, sia una pessima idea? Quei 5 milioni e mezzo circa di euro non potevano provenire da qualche altra parte?

Quest’ultima domanda merita forse qualche ragionamento in più. Si perché il nostro è un paese strano, i soldi non ci sono mai per le cose veramente importanti ma spuntano sempre quando si tratta di finanziare “altro”. Messa in sicurezza del territorio: no! Rifacimento delle strade danneggiate: no! Sistemazione delle falde acquifere e degli acquedotti: no! Sostegno al reddito: no! Case per i terremotati: …!

Ma c’è qualcosa nel nostro paese per cui i soldi non mancano mai: le “grandi opere”, quelle con molti zeri che hanno una data di inizio ma quasi mai una data di fine. Quelle che hanno un costo iniziale che non è mai quello finale. Quelle che devastano un territorio e non si sa a cosa servono. Quelle che se sei un vignaiolo e per fare la grande opera ti abbattono la vigna lo fanno sempre “in nome del progresso”. Quelle che se ti permetti di protestate sei il solito retrogrado. E così la storia è sempre la stessa: una casetta di legno costruita in autonomia per tornare nel tuo paese è un abuso edilizio, un’opera che squarcia montagne e abbatte querce secolari è progresso. Le SAE hanno un iter burocratico infinito, se invece devi fare una strada inutile il decreto Sblocca Italia di renziana memoria ti consente ti saltare qualsiasi vincolo o parere.

Anche la nostra regione, come quasi tutte purtroppo, ha le sue opere niente male. Una di queste è la Pedemontana Fabriano-Sfercia. Non ne avevate mai sentito parlare? Una delle caratteristiche delle grandi opere di cui ci eravamo dimenticati è che se ne parla pochissimo e solo dopo che si è già deciso tutto. Dicevamo… Questa strada a 4 corsie che se realizzata devasterà tutta la fascia pedemontana (appunto) tra il fabrianese e i Sibillini è un progetto vecchissimo ma che è stato ripescato proprio in piena emergenza terremoto perché, come afferma il governatore Ceriscioli, “La ricostruzione passa soprattutto attraverso le infrastrutture”. Si è già costituito un comitato contro questo mostro e ci auguriamo che anche grazie a loro tutta la popolazione si renda sempre più conto che non sono queste le opere che servono al nostro territorio. Questa strada, che sarà realizzata dalla società Quadrilatero (si, sempre lei), avrà un costo superiore ai 200 milioni di euro e da qui nasce la nostra idea. Un’idea che senza esagerazione definiamo geniale!
Un’idea che permetterà alla Regione Marche di realizzare la pista ciclabile, a noi di pedalarci sopra e soprattutto di poter utilizzare i fondi degli sms solidali per ciò a cui erano destinati.

L’idea è questa ed è composta da 3 azioni distinte che elencheremo per punti al fine di agevolarne la lettura da parte della Regione Marche:
1 - non viene realizzata la Pedemontana perché inutile e dannosa risparmiando più di 200 milioni di euro;
2 - i 5 milioni di euro si prendono dai 200 milioni di euro risparmiati attraverso l’operazione precedente;
3 - i restanti 195 milioni di euro circa ulteriormente risparmiati si destinano con urgenza ad interventi per la messa in sicurezza del territorio e contro il dissesto idro-geologico.

Questa è una strategia facile ed immediata “per avere la pista ciclabile e vivere felici”. Nel reale rispetto dell’ambiente e di chi vi abita. E se per caso la risposta della Regione dovesse essere che siamo degli ingenui perchè i soldi per la Pedemontana fanno parte di altri fondi e/o che non possono essere destinati ad altro… Beh, fate come avete fatto per i soldi donati con gli sms no?

Terre in Moto Marche

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