Due. Non arrendersi agli anni e ai governi che passano. 26/30 ottobre 2018



Le due giornate del 26 e del 30 ottobre del 2016 colpirono un territorio già gravemente ferito dalle scosse di due mesi prima arrivando ad interessare un’area imponente in quattro regioni diverse, l’intero Appennino centrale si era letteralmente spaccato in due.




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DUE - Le foto degli incontri

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Sono trascorsi due anni da quelle tragiche giornate e questo eterno post terremoto che forse non è mai veramente iniziato non riempie più le cronache dei giornali e delle televisioni, che salvo qualche rara eccezione, tornano stancamente sull’argomento solo in occasione di ricorrenze particolari. Nel frattempo la ricostruzione e la rassegnazione hanno andamenti opposti: la prima è immobile come le pietre su cui è oramai cresciuta rigogliosa l’erba, mentre la seconda aumenta associata ad una frustrazione che rischia di distruggere il patrimonio umano e immateriale di questi luoghi. Inoltre se da un punto di vista materiale le cose non vanno avanti non sono certo migliori le idee che vengono fatte circolare rispetto al futuro dei paesi dell’Appennino, un futuro fatto di strade e progetti che poco hanno a che fare le terre della Sibilla. Tutto questo in un contesto politico in cui il governo precedente ha lasciato macerie (e non in senso metaforico), mentre per quello attuale la ricostruzione sembra l’ultimo dei problemi, pronto a fare forzature di qualsiasi natura quando si parla di ridurre diritti civili e sociali ma arrendevole di fronte a norme per cui un muro divisorio costruito senza permessi magari 30 anni fa diventa un abuso non sanabile che blocca interventi in un intero palazzo inagibile.

Questo lo scenario, che qui abbiamo delineato solo parzialmente ma che proviamo a raccontare insieme a molti altri da mesi, da cui nasce l’idea e la volontà di dare vita a “Due”. Ma perché proprio Due? Perché non sono solamente gli anni trascorsi da quelle scosse, due sono anche gli schieramenti politici che si sono avvicendati nella gestione di quanto è accaduto, due sono gli eventi sismici (agosto e ottobre 2016) che ci hanno stravolto la vita, due sono le giornate di quell’autunno 2016 che nessuno di noi dimenticherà, due sono gli scenari possibili che il nostro territorio si trova davanti, ma soprattutto due sono le possibili reazioni tra cui scegliere: accettare lo stato delle cose come ineluttabile e inamovibile o provare a riprendere in mano il proprio futuro e quello del nostro Appennino. Il messaggio che vorremmo trasmettere è chiaro: non vogliamo arrenderci agli anni e ai governi che passano! Per questo crediamo sia necessaria una presa di parola collettiva, perché abbiamo il dovere di provare a smuovere questo immobilismo perenne che ci avvolge tutti. Per questo ogni incontro, ogni singola parola, ogni iniziativa non può prescindere da una forte critica della gestione passata e presente. Ci diranno, come è già accaduto, che si tratta di una “situazione difficile”. Lo sappiamo, nessuno lo ha mai negato. Ma non è difficile la situazione di chi è costretto ad abitare a decine di chilometri dalla propria abitazione e pensa che forse non potrà mai più tornare? Non è difficile la situazione di chi vive da anni nei piccoli paesi senza servizi di alcun tipo? Non è difficile la vita di chi ha perso tutti i suoi ricordi, o peggio, sotto le macerie?

In lingua inglese due si traduce con “dovuto”, forse dovremmo far riferimento anche a questo per ricordarci che quando pretendiamo una ricostruzione ed un futuro degno non facciamo altro che chiedere qualcosa che ci spetta, che è doveroso, come collettività. Vi aspettiamo quindi, dal 26 al 30 ottobre, dalla costa adriatica che ha visto l’esodo forzato di migliaia di uomini e donne fino ai Sibillini, per raccontare il recente passato ma soprattutto per immaginare e riprendersi un futuro.







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